:: Elucubro ::

sabato, febbraio 04, 2006

Sorte e caparbietà

Siamo qui, ai piedi della montagna. Dinanzi a noi il "Fosso della Valle", uno degli angoli più selvaggi e temuti della Majella; poco più a destra la comoda ma lunghissima strada forestale per raggiungere la tondeggiante cima del Martellese. Il tempo è grigio e noi ci guardiamo in faccia. Salire? desistere? optare? vagliare... domande, solo domande; mentre le nostre tavole sembrano soffrire, imprigionate come sono sul portapacchi della vettura. Il tutto è troppo strano, è umido a 750 mt. s.l.m. e non c'è neve; è difficile decidere su questo fogliame marrone che pare autunnale. Monetina da 20 centesimi, testa o croce: croce. La sorte ci vuole altrove.

Alzata di spalle, due sportelli che si chiudono e due parole:"sono triste". Caparbietà! quando la scelta va oltre ogni più razionale giustificazione: retromarcia e si parte. A piedi, tavola in spalla.

Ore 9: Foglie e tornati. Ore 10: Neve e tornanti. Ore 11: Stanchezza, neve e tornanti. Ore 12: Stanchezza, neve, tornanti e foschia. Ore 13: Spossatezza, neve, tornanti, nebbiolina e qualche titubanza. Ore 13:10: Nebbia... consulto e caparbietà. Ore 14: Arrivo in vetta.

Non è come vogliamo. Passiamo accanto al rifugio senza vederlo, dannatissima nebbia, eppure lo sapevamo. Ostinati, cerchiamo, ci voltiamo spauriti cercando di non perdere la traccia, scorgiamo la sagoma scura e sfocata, sembra un'allucinazione e forse noi non siamo qui. Ma è tutto vero. Avremmo voluto battere il cinque e trovare degno riposo, la porta però è ostruita dalla neve, non è proprio il caso di spalare, dobbiamo scegliere. Dejavu, scegliere ancora: sorte o caparbietà.

Nessuna monetina stavolta. L'accesso al Fosso della Valle è un muro. Un muro di nebbia; pochi passi nella neve per tentare di guardare oltre e non perdo solo l'orientamento, ma anche l'equilibrio. Neve e nebbia sono tutt'uno, alleati contro di noi e la nostra ostinazione a confondere la prima, la seconda e la terza dimensione; impossibile percepire la pendenza. Azzardato sarebbe scendere scivolando. Siamo a 5 ore dalla civiltà del ventunesimo secolo ed il problema da affrontare subito è: come tirarsi fuori dal casino e salvare capra e cavoli.

Capelli e ciglia sono già ghiacciati quando decidiamo di prendere a ritroso la via di salita. Visibilità 15 metri. Non c'è altro modo che seguire le orme che abbiamo lasciato. Proseguo come ipnotizzato, sguardo fisso in basso, mentre tutt'intorno il bianco confonde e spaventa. C'è l'amaro in bocca mentre le mie ciaspole si posizionano esattamente al contrario sulla vecchia traccia, come un tassello di un puzzle itinerante. Cerco di non sbagliare, di non calpestare oltre, proprio come i bambini che seguono la striscia sul marciapiede. Arriva il nevischio, ed insieme la paura di veder cancellati i simboli di Pollicino, spingo moderatamente l'andatura fino a quando... stop. Niente più segni sul ghiaccio. Restiamo immobili cercando di scorgere con la vista affaticata da un'ora di nebbia, qualche minimo segno del nostro passaggio. Nulla di nulla. Tiriamo diritto, se di direzione si può ancora parlare. Mi sento d'andare da nessuna parte proseguendo nel nulla, destra e sinistra non sono tali senza riferimenti, l'unica certezza è l'amico che mi segue. Sì, lui è dietro, ne sono sicuro.

É la sorte, la stessa sorte che ci ha impedito la discesa in snowboard, a farci trovare - con immensa gioia - la via nel bosco. Probabilmente arriveremo al buio, annaspando per la fatica degli infiniti tornanti da ripercorrere a piedi, ma arriveremo. É un dato certo e di indiscutibile sollievo.

La dolce pendenza sotto di noi non sembra essere sufficiente per permettere lo scivolamento della tavola, ma.... caparbietà!: tavola, bacchette e forse qualche angelo che ci spinge da dietro; i nostri snowboard vanno come non mai sulla neve vergine ma perfettamente assestata. Conduciamo una discesa infinita, una lunga serie di traversi concatenati da strette curve, lo facciamo per un'ora. Un'ora che sembra non aver mai fine, veloci in un discendere che sa di fiabesco, dove solo i rami spogli nella nebbia ed il suono delle lamine fanno da cornice.

Gradevole sorpresa, un catapultarsi di emozioni: trepidante attesa ed avvilente delusione, sconforto e gioia. Arriviamo in penombra. Sorte o caparbietà: non lo sapremo mai. Lancio la monetina?

1 Comments:

  • tutto vero...cacchiarola
    io sono the other one
    per in non utenti l'inglese
    sarei quell'altro

    By Anonymous Anonimo, at 15:49  

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