Backcountry - Majella, la Direttissima di Monte Amaro
Nella mia vita, un po' come tutti, coltivo tanti piccoli sogni nel cassetto. Il mio cassetto è in realtà molto grande; i piccoli sogni, che portano quasi tutti nomi di montagna, a malapena riescono a starci dentro.
Ergo accade, di tanto in tanto, che qualcosa schizzi via a pressione, senza controllo. In certi casi non riesco a trattenermi, devo fare necessariamente spazio ed ordine in quel cassetto che sta per scoppiare.
Insediatosi in me grazie ad epici racconti di un amico, il Monte Amaro, la vetta più alta della Majella a 2793 mt s.l.m., è uno dei sogni. Più volte ho rinviato la possibilità di lasciare la mia firma su quelle nevi ma il 3 aprile alle 8:45 in punto, nonostante la febbre (quella vera, da termometro) del giorno prima, il sogno sta per diventare realtà!
Le mie ciaspole su una neve croccante, seguono le tracce di un paio di scialpinisti svizzeri. La presenza di appassionati d'oltralpe conferma la fama della "Direttissima": i 1500 mt di dislivello tra i più belli e noti del centro Italia. Scambio un paio di battute in un pessimo inglese italianizzato e ci salutiamo.
Attraversando la boscaglia per l'imbocco del canale rifletto sul perché noi italiani andiamo in Svizzera e gli svizzeri vengono in Italia: forse un po' come le acque minerali, penso... noi abruzzesi beviamo quella imbottigliata in Piemonte ed a Torino si beve quella di Popoli; magari gli svizzeri, continuo... presumibilmente ultra sessantenni, hanno già solcato tutti gli itinerari alpini e migrano quindi a sud alla ricerca di nuove emozioni o sono... o sono...
Basta pippe mentali! la fine del bosco mi apre una visione sublime, celestiale! Beh, forse ho esagerato con i termini ma concedetemi un piccolo trasporto emotivo, mi sento come un assetato che deve raggiungere l'unica fonte in vetta. Altissima, purissima... Direttissima! (freddura poco arguta, ma serve per sdrammatizzare l'enfasi)
La temperatura è giusta, c'è assenza di vento, sottili nubi d'alta quota filtrano a malapena i raggi solari... condizioni ottimali!
Davanti a me riesco a contare una decina di escursionisti, deduco che l'elevato numero di presenze è il prezzo da pagare per visitare località rinomate, ma il peggio deve ancora arrivare.
Voltandomi indietro, pensando d'avere ancora a che fare con gli svizzeri, lancio un'esclamazione anglosassone:"OH, MY GOD!!!", un'orda di arrampicatori mi segue a poca distanza. Che sarà mai? porte aperte alla Majella? un rave-party al Pelino?
In foto: il punto in verde sulla sinistra indica il luogo di partenza, più in alto la tondeggiante sagoma dell'albergo di Passo S. Leonardo
Si tratta in realtà di una trentina di appassionati provenienti da Rimini (per fortuna, se fossero stati trentatre Trentini, probabilmente la mia salita si sarebbe arrestata subito per convulsioni da riso). Tra loro anche uno snowboarder, buona la media: a fine giornata ho contato 40 scialpinisti e solo 3 tavolari, me compreso.
La pendenza è accentuata, c'è bisogno non solo di attingere le proprie riserve energetiche, ma anche di una buona molla psicologica. Ho pensato spesso di non riuscire nell'intento, alzando lo sguardo però mi accorgo di essere vicino alla selletta (foto in basso, sulla destra delle rocce) che mi consentirà di uscire dalla lunga "Rava della Giumenta Bianca" (è questo l'altro nome della Direttissima).
La curiosità diviene improvvisamente il mio carburante, offusca persino un piccolo crampo al quadricipite consentendomi così di ammirare lo sconfinato Vallone di Femmina Morta (foto in basso). Le foto non rendono giustizia alla sua infinita bellezza, rimango a lungo ad osservare l'impressionante staticità del luogo consumando voracemente gran parte del mio rancio.
Piccolo passatempo - nota le differenze con la foto estiva, clicca qui!
A sinistra, gli ultimi 200 metri di dislivello mi separano dalla cima. Stanchissimo, procedo lentamente accompagnato poco più distante da due ennesimi fuoripistaioli.
Alle 13:15, dopo quattro ore e mezzo di salita arrivo emozionato come non mai alla croce che segna inequivocabilmente il punto più alto di tutto il massiccio della Majella. Non si può nascondere, l'arrivo in vetta regala sempre profonda gioia.
Oltre la croce solo il cielo, anche l'affollato bivacco Pelino è posto poco più in basso. Ne approfitto per riposare e scambiare quattro chiacchiere al riparo dal freddo pungente. Solo con la mia tavola tra i tanti veterani della montagna, mi sento un pesce fuor d'acqua; lontanissimi anni luce gli altrettanto bei momenti passati in snowpark a zompettare al ritmo di punk ed hip-hop.
Si parla per una mezz'oretta del più e del meno, della sicurezza, delle svariate possibilità di discesa ma anche delle diverse difficoltà di salita tra sciatori e snowboarder. Stringendo gli scarponi, inizio a pensare alla parte più godereccia della giornata; la tavola ora dovrà ricambiare il grande favore che le ho fatto: portarla su!
Potrei imboccare la rava per i 40° di pendenza del canale centrale ma il fatto di non aver percorso e tastato la neve durante la salita mi lasciano decisamente optare per ripercorrere a ritroso la via dell'andata. La linea verde nella foto in basso traccia grossolanamente la mia ascesa/discesa.
Le prime curve sono saltate, siamo sempre sull'ordine dei 35° di pendenza. La neve è dura ma si lascia comunque scolpire dalla lamina, a tratti una neve ventata rallenta la corsa, gli spazi per tutta la Direttissima sono sempre molto ampi.
Piccolo brividi crescono quando in diagonale la mia traiettoria s'incrocia con quella perpendicolare della neve che, staccatasi al mio precedente passaggio poco più in alto, precipita a valle a gran velocità. Le gambe sono provate dallo sforzo, assaporo però ogni attimo concedendomi quattro piccole soste.
Riesco a raggiungere la strada asfaltata con la tavola allacciata; negli ultimi 500 metri a piedi, smunto e sudaticcio rifletto soddisfatto: "bello... bellissimo, lo rifarei... è costata tanta fatica. Ma la fatica più grande... è alzarsi domani per andare a lavorare!".
Ergo accade, di tanto in tanto, che qualcosa schizzi via a pressione, senza controllo. In certi casi non riesco a trattenermi, devo fare necessariamente spazio ed ordine in quel cassetto che sta per scoppiare.
Insediatosi in me grazie ad epici racconti di un amico, il Monte Amaro, la vetta più alta della Majella a 2793 mt s.l.m., è uno dei sogni. Più volte ho rinviato la possibilità di lasciare la mia firma su quelle nevi ma il 3 aprile alle 8:45 in punto, nonostante la febbre (quella vera, da termometro) del giorno prima, il sogno sta per diventare realtà!
Le mie ciaspole su una neve croccante, seguono le tracce di un paio di scialpinisti svizzeri. La presenza di appassionati d'oltralpe conferma la fama della "Direttissima": i 1500 mt di dislivello tra i più belli e noti del centro Italia. Scambio un paio di battute in un pessimo inglese italianizzato e ci salutiamo.
Attraversando la boscaglia per l'imbocco del canale rifletto sul perché noi italiani andiamo in Svizzera e gli svizzeri vengono in Italia: forse un po' come le acque minerali, penso... noi abruzzesi beviamo quella imbottigliata in Piemonte ed a Torino si beve quella di Popoli; magari gli svizzeri, continuo... presumibilmente ultra sessantenni, hanno già solcato tutti gli itinerari alpini e migrano quindi a sud alla ricerca di nuove emozioni o sono... o sono...
Basta pippe mentali! la fine del bosco mi apre una visione sublime, celestiale! Beh, forse ho esagerato con i termini ma concedetemi un piccolo trasporto emotivo, mi sento come un assetato che deve raggiungere l'unica fonte in vetta. Altissima, purissima... Direttissima! (freddura poco arguta, ma serve per sdrammatizzare l'enfasi)
La temperatura è giusta, c'è assenza di vento, sottili nubi d'alta quota filtrano a malapena i raggi solari... condizioni ottimali!
Davanti a me riesco a contare una decina di escursionisti, deduco che l'elevato numero di presenze è il prezzo da pagare per visitare località rinomate, ma il peggio deve ancora arrivare.
Voltandomi indietro, pensando d'avere ancora a che fare con gli svizzeri, lancio un'esclamazione anglosassone:"OH, MY GOD!!!", un'orda di arrampicatori mi segue a poca distanza. Che sarà mai? porte aperte alla Majella? un rave-party al Pelino?
In foto: il punto in verde sulla sinistra indica il luogo di partenza, più in alto la tondeggiante sagoma dell'albergo di Passo S. Leonardo
Si tratta in realtà di una trentina di appassionati provenienti da Rimini (per fortuna, se fossero stati trentatre Trentini, probabilmente la mia salita si sarebbe arrestata subito per convulsioni da riso). Tra loro anche uno snowboarder, buona la media: a fine giornata ho contato 40 scialpinisti e solo 3 tavolari, me compreso.
La pendenza è accentuata, c'è bisogno non solo di attingere le proprie riserve energetiche, ma anche di una buona molla psicologica. Ho pensato spesso di non riuscire nell'intento, alzando lo sguardo però mi accorgo di essere vicino alla selletta (foto in basso, sulla destra delle rocce) che mi consentirà di uscire dalla lunga "Rava della Giumenta Bianca" (è questo l'altro nome della Direttissima).
La curiosità diviene improvvisamente il mio carburante, offusca persino un piccolo crampo al quadricipite consentendomi così di ammirare lo sconfinato Vallone di Femmina Morta (foto in basso). Le foto non rendono giustizia alla sua infinita bellezza, rimango a lungo ad osservare l'impressionante staticità del luogo consumando voracemente gran parte del mio rancio.
Piccolo passatempo - nota le differenze con la foto estiva, clicca qui!
A sinistra, gli ultimi 200 metri di dislivello mi separano dalla cima. Stanchissimo, procedo lentamente accompagnato poco più distante da due ennesimi fuoripistaioli.
Alle 13:15, dopo quattro ore e mezzo di salita arrivo emozionato come non mai alla croce che segna inequivocabilmente il punto più alto di tutto il massiccio della Majella. Non si può nascondere, l'arrivo in vetta regala sempre profonda gioia.
Oltre la croce solo il cielo, anche l'affollato bivacco Pelino è posto poco più in basso. Ne approfitto per riposare e scambiare quattro chiacchiere al riparo dal freddo pungente. Solo con la mia tavola tra i tanti veterani della montagna, mi sento un pesce fuor d'acqua; lontanissimi anni luce gli altrettanto bei momenti passati in snowpark a zompettare al ritmo di punk ed hip-hop.
Si parla per una mezz'oretta del più e del meno, della sicurezza, delle svariate possibilità di discesa ma anche delle diverse difficoltà di salita tra sciatori e snowboarder. Stringendo gli scarponi, inizio a pensare alla parte più godereccia della giornata; la tavola ora dovrà ricambiare il grande favore che le ho fatto: portarla su!
Potrei imboccare la rava per i 40° di pendenza del canale centrale ma il fatto di non aver percorso e tastato la neve durante la salita mi lasciano decisamente optare per ripercorrere a ritroso la via dell'andata. La linea verde nella foto in basso traccia grossolanamente la mia ascesa/discesa.
Le prime curve sono saltate, siamo sempre sull'ordine dei 35° di pendenza. La neve è dura ma si lascia comunque scolpire dalla lamina, a tratti una neve ventata rallenta la corsa, gli spazi per tutta la Direttissima sono sempre molto ampi.
Piccolo brividi crescono quando in diagonale la mia traiettoria s'incrocia con quella perpendicolare della neve che, staccatasi al mio precedente passaggio poco più in alto, precipita a valle a gran velocità. Le gambe sono provate dallo sforzo, assaporo però ogni attimo concedendomi quattro piccole soste.
Riesco a raggiungere la strada asfaltata con la tavola allacciata; negli ultimi 500 metri a piedi, smunto e sudaticcio rifletto soddisfatto: "bello... bellissimo, lo rifarei... è costata tanta fatica. Ma la fatica più grande... è alzarsi domani per andare a lavorare!".
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